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NoteCards (1985)
NoteCards venne sviluppato
come progetto di ricerca presso lo Xerox PARC tra il 1983 ed il 1986 da
Frank Halasz, Randy Trigg e Tom Moran. Successivamente divenne un
prodotto commerciale della Xerox.
L’interfaccia utente di
NoteCards era grafica, con più finestre contemporaneamente aperte
relative a:
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i
singoli nodi dell’ipertesto (note card), con testo e/o grafica
che potevano scorrere nelle finestre; |
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finestre
relativi ai link presenti in ciascun nodo; |
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una
vista complessiva grafica dell’ipertesto (browser card); |
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una
finestra per l’organizzazione gerarchica dei nodi (filebox). |
Grazie alla disponibilità
di un ambiente programmabile tramite Lisp, le funzionalità di NoteCards
potevano essere notevolmente personalizzate. Un esempio di queste
personalizzazioni è stato l’Instructional Design Environment (IDE), che
permetteva la realizzazioni di strutture di base di ipertesti a partire
da degli schemi predefiniti per applicazioni didattiche.
Come psicologo (da
Stanford), Halasz si è focalizzato essenzialmente sugli aspetti di
interazione uomo macchina. Alla conferenza Hypertext-87, Halasz presentò
un articolo [HAL] nel quale venivano presentati sette punti da
sviluppare nei nuovi sistemi ipertestuali, che sono:
- miglioramento delle funzionalità di
interrogazione e ricerca: un ipertesto è sostanzialmente un modo per
navigare tra link. L’utilizzo della sola navigazione tra link, però,
può essere ritenuta sufficiente solo per applicazioni che ricadono
in tre categorie: authoring cooperativo di piccoli ipertesti,
sistemi di visualizzazione, presentazioni interattive. La
navigazione, invece, non è sufficiente a reperire le informazioni
d’interesse su grossi ipertesti, se non è accompagnata da strumenti
di interrogazione e ricerca, sia per quanto riguarda i contenuti
(es.: ricerca per parole chiave), sia per quanto riguarda la
struttura (es.: ricerca di link a questionari);
- capacità di definire oggetti composti
come collezione di nodi e link: per semplificare la struttura di
ipertesti di grosse dimensioni diventa essenziale non dover vedere
allo stesso livello tutti i nodi di un ipertesto, ma poter
organizzare gerarchicamente le informazioni tramite la realizzazione
di oggetti "contenitori" di nodi di livello gerarchico inferiore;
- strutture dinamiche virtuali: gli
ipertesti soffrono di problemi legati all’aggiornamento dei
contenuti, con le conseguenti ripercussioni a livello di struttura.
Dato che l’informazione viene rappresentata da nodi legati da una
rete statica di link la cui struttura può non essere evidente a chi
aggiorna i contenuti, la probabilità di avere una rete di link
inconsistente man mano che si aggiornano le informazioni è elevata.
Questo è tanto più vero quanto più prematura è la definizione della
struttura dell’ipertesto. Una soluzione a questo problema potrebbe
essere la sostituzione della rete statica di link con funzionalità
di ricerca sulla struttura per gruppi di nodi, caratterizzati da un
certo autore, data, ecc.. Questo è analogo a quanto avviene con le
"viste" di un database, ed è stato implementato in sistemi quali
SuperBook o il Canon Cat di Jeff Raskin;
- capacità di calcolo nelle reti
ipermediali: la rete di link di un ipertesto è tipicamente statico.
Sarebbe, invece, utile poter definire la struttura di link visibili
da un certo nodo in funzione di informazioni legate allo stato,
all’utente, ecc.. Ad esempio, per un sistema di formazione, sarebbe
utile poter definire i link visibili in funzione dei risultati di un
questionario. Questo concetto fa confluire le attività sugli
ipertesti e quelli legati ai sistemi esperti, knowledge management,
ecc.;
- gestione delle versioni: dato un
ipertesto con una rete statica di link, il suo aggiornamento
richiede la sostituzione dei nodi preesistenti con nuovi nodi. La
perdita dei precedenti nodi non sempre risulta conveniente, sia per
permettere "ripensamenti" nella realizzazione dell’ipertesto, sia
per conservare la storia delle informazioni presentate. Ancora una
volta, quindi, è necessario prevedere una rete "intelligente" di
link, che permetta l’authoring e la lettura dell’ipertesto nelle sue
diverse versioni;
- supporto al lavoro cooperativo: sin
dall’idea iniziale di Bush, un ipertesto doveva prevedere la
possibilità di avere versioni diverse per ciascun utente, prevedendo
la possibilità, ad esempio, di aggiungere annotazioni personali.
Questo è presente in forma parziale in alcuni sistemi (es.:
Intermedia), ma la gestione completa della concorrenza richiede la
gestione dei diritti di accesso, dell’atomicità delle transazioni,
la notifica delle variazioni a tutti gli utenti dell’iperteso, ecc.,
riportando nel contesto degli ipertesti quanto sviluppato per i data
base;
- estensibilità ed adattabilità: un
ipertesto è solo una collezione di link e nodi, svincolati dal loro
significato. Se questo da un lato permette di utilizzare questo
strumento in contesti differenti, d’altra parte non lo rende
specifico per nessuno di essi. Non è, quindi, evidente come
realizzare un ipertesto adatto ad un particolare compito. Un primo
modo per superare questa difficoltà potrebbe essere quello di
prevedere un’interfaccia utente programmabile, in modo da definire,
con semplicità, per ciascun utente delle funzionalità differenti.
A seguito delle esperienze
e dei risultati via via maturati nel mondo degli ipertesti, nel 91
Halasz rivide i suoi punti [HAL2], affiancando ai sette precedenti
esposti, principalmente basati su aspetti tecnologici, tre aspetti di
mercato. Da questo elenco scompare il requisito sul supporto del
versioning, considerato importante, ma di peso inferiore. I nuovi punti,
quindi diventano:
- fine della tirannia dei link: riprende i
primi tre punti della precedente classificazione, ribadendo la
necessità di eliminare la struttura statica di link sostituendola
con funzionalità di ricerca;
- supporto per il lavoro cooperativo: come
nella precedente classificazione;
- estensibilità ed adattabilità: come
nella precedente classificazione;
- capacità di calcolo nelle reti
ipermediali: come nella precedente classificazione, ma ridotta di
priorità.
- realizzazione di sistemi aperti: la
necessità di accedere a grandi basi di conoscenza richiede che sia
possibile scomporre ipertesti complessi in moduli e permetterne un
accesso da contesti diversi, tramite interfacce standard;
- realizzazione di interfacce utente per
grandi spazi informativi: non è possibile pensare di rappresentare
la struttura di un ipertesto con centinaia di nodi rappresentando la
rete di link, che diventerebbe una ragnatela indecifrabile e con
tempi inaccettabili di manipolazione, rappresentazione e
navigazione;
- gestione di ipertesti di grandi
dimensioni: è necessario iniziare a trovare soluzioni per la
gestione delle grosse basi di informazioni che iniziano ad essere
richieste da applicazioni reali;
- definizione del mercato degli ipertesti:
è il primo dei requisiti di mercato. Fino ad allora il settore degli
ipertesti è stato "technology driven". E’ necessario iniziare ad
analizzare rapporti costo/benefici nell’utilizzo degli ipertesti;
- definizione di standard aperti:
l’adozione di sistemi aperti è essenziale per ampliare il mercato
dei possibili utenti, ma è necessario prevedere standard facilmente
aggiornabili e legati ad esigenze concrete dei settori applicativi;
- pubblicazione degli ipertesti: è
necessario iniziare ad avere ipertesti pubblicati per far crescere
la domanda.
Questa serie di punti ha
segnato la storia della successiva evoluzione del settore degli
ipertesti. Nel 1986, Halasz si spostò alla MCC (Microelectronics and
Computer Technology Corp.) al progetto HyperActivity per l’integrazione
di ipertesti e ingegneria del software.
Halasz è anche autore, con Mayer
Schwartz, del Dexter Hypertext Reference Model [HS90], che fissa una
struttura e delle funzionalità standard per i sistemi ipermediali. |